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Contagi, morti e terapie intensive ora in calo. In Italia la primavera promette bene e arrivano alle orecchie degli spettatori le grida di giubilo degli scientisti che da un anno a questa parte si contendono le ospitate televisive: “merito del v-a-c-c-i-n-o”, dicono. Già, le pagine dei manuali di storia riportano in modo inequivocabile che nei secoli scorsi fosse determinante la stagionalità e che la virulenza durava in media due anni, ma è bello crederci e occorre insistere con la ricerca.
Sarà la scienza coi vaccini a portarci fuori da questo inferno. Però i vaccini hanno più di duecento anni di vita. E come diamine sono stati inventati? Chi è l’accademico che è riuscito in tale impresa? Quali studi di chimica avrà mai fatto? In quale università si sarà laureato?
Sveliamo subito il mistero.
Il primo v-a-c-c-i-n-o efficace fu sviluppato da un tale Edward Jenner nel 1798. Si trattava di un oscuro medico di campagna che aveva lungamente osservato il propagarsi del vaiolo nelle campagne. In particolare, Jenner aveva notato che chi mungeva le vacche e che aveva preso la malattia dai bovini poi non sviluppava più il vaiolo “umano”, e che quindi non subiva gli effetti tragici dello stesso. In altri termini, prendere il vaiolo dalle mucche proteggeva poi dal ben più temibile vaiolo che circolava nei villaggi mietendo migliaia di vittime.
Bene, si tratta di sapere, si tratta di scienza, se badiamo all’etimologia della parola, MA NON si trattò certo di un esperimento mentale galileiano come nella leggendaria caduta dei gravi dalla torre di Pisa, nè delle tanto celebrate “necessarie dimostrazioni” matematiche di cui parla l’inventore del metodo nella sua lettera a Cristina di Lorena.
Questo si può dire con un discreto margine di sicurezza perché Jenner aggiunse alla sua osservazione una grande dose di coraggio dato che inoculò il materiale prelevato da una pustola di una mungitrice che si era infettata ad un bambino di otto anni, James Philipps, il figlio del suo giardiniere.
Chissà cosa direbbe oggi l’istituto superiore di sanità, visto che ha raccomandato ai medici di famiglia di non visitare nemmeno i loro pazienti c-o-v-i-d e di indicare al telefono la preziosa cura basata sulla “vigile attesa”.
Comunque, tornado a Jenner, egli dovette insistere non poco con la Royal Society per avere ascolto, mentre in attesa di verifiche ufficiali al suo metodo continuava ad inoculare il materiale agli allevatori ed ai contadini con successo. In virtù di alcuni errori di altri più blasonati medici, Jenner dovrà in seguito difendersi dalle accuse di inefficacia del suo metodo e durante le fasi di prova e riprova, diversi medici e pazienti morirono tanto è vero che solo nel 1980, cioè 182 anni dopo la scoperta di Jenner, l’Organizzazione Mondiale della Sanità poté dichiarare eradicato il vaiolo.
Nonostante ci siano voluti secoli, i meriti di Jenner non si possono mettere in discussione anche se senza dubbio oggi verrebbe giudicato come “un praticone” da chi, come Roberto Burioni, non pare abbia scoperto nulla. Giusto aggiungere, a tal proposito, un’ulteriore e significativa precisazione.
Sulla maggior enciclopedia del mondo, wikipedia, troviamo scritto che Edward Jenner era un medico, di periferia, ma pur sempre un medico. Bhé, le cose non stanno esattamente così.
Nel 1756, all’età di sette anni, Edward fu mandato a studiare presso la scuola di Grammatica di Cirencester. Durante questo periodo venne inoculato con il Variola v-i-r-u-s, agente del terribile Vaiolo umano, subì quindi una Variolazione, non una vaccinazione, che lo rese immune per tutta la vita a questa malattia.
Nel 1763 all’età di 14 anni egli divenne apprendista per 7 anni presso Mr. Daniel Ludlow, un Surgeon di Chipping Sodbury, dove egli acquisì l’esperienza necessaria per diventare Surgeon lui stesso. Occorre ora spiegare che nell’Inghilterra del XVIII secolo esistevano due tipologie di medici: il Physician e il Surgeon. Quali erano le differenze tra le due categorie: il Physician aveva una laurea con specializzazione, come i medici attuali, il Surgeon era una persona, spesso senza studi, ma veloce nell’usare il bisturi, quindi non comparabile ai nostri chirurghi. (fonte)
Cosa può insegnarci la storia? E’ vero che il passato non ritorna? A mio avviso racconti storici verificabili come quello appena riportato suggeriscono si che la ricerca scientifica va incoraggiata in tutti i modi possibili, ma che forse sarebbe meglio trovare il modo di sottrarla ai dogmatici difensori di categorie professionali autoreferenziali.
Fonte: http://micidial.it/
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