BELLANOVA E BARILLA CELEBRANO IL GRANO DURO ITALIANO: E IL GRANO CANADESE CHE ARRIVA CON LE NAVI CHE FINE FA?
La
Ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, e Paolo Barilla
hanno siglato un protocollo d’intesa sul grano duro italiano. Ne siamo
felici. Peccato che, nelle stesse ore, quattro navi cariche di grano
duro estero hanno fatto ingresso nel porto di Bari. Arriva quasi un
milione di quintali di grano duro canadese e turco e il Governo italiano
celebra il grano duro italiano? Dicono vero o sono su ‘Scherzi a
parte’?
La
notizia della firma del protocollo d’intesa sul grano duro italiano tra
la Ministra delle Politiche agricole alimentari e forestali, Teresa Bellanova, e Paolo Barilla, vicepresidente del gruppo Barilla, ha oscurato un’altra notizia avvenuta nelle stesse ore: l’arrivo nel porto di Bari di quasi un milione di quintali di grano duro estero, canadese e turco (in
effetti questa del grano duro arrivato della Turchia ci mancava…).
Invece di interrogarsi sulla fine che fa questo grano estero (fino a
prova contraria con il grano duro si produce la pasta e, in parte, si
produce anche il pane, soprattutto nel Sud Italia), leggiamo qua e là
che nel Belpaese sarebbe in corso un’inversione di tendenza e sarebbe in
crescita l’interesse dei consumatori italiani per il grano duro
italiano.
Ma
se è vera la notizia che sarebbe cresciuto l’interesse gli italiani per
il grano duro italiano come mai in Italia continuano ad arrivare navi
cariche di grano duro estero? Ci vogliono forse fare credere che la
pasta industriale presente in Italia è fatta con il grano duro italiano?
E se questo è vero – lo ribadiamo – come mai nei porti del Sud Italia
continuano ad arrivare le navi cariche di grano duro estero?
Sono domande che ‘giriamo’ agli amici della Coldiretti, sempre molto attenti a tali questioni.
Su
tanti mezzi d’informazione leggiamo un’altra notizia diffusa sempre
dalla Coldiretti, in base alla quale, oggi, gli ettari coltivati a grano
duro in Italia sarebbero 1,8 milioni circa rispetto ai 2,3 milioni di
un decennio fa. Per noi non è una novità, visto che già tre anni fa segnalavamo l’abbandono di 600 mila ettari seminativi del Sud Italia e non di tutta l’Italia (la differenza è sostanziale!).
Ci dispiace segnalare, invece, di non avere letto, nell’analisi della Coldiretti, il perché, nel Sud Italia –
area d’elezione del grano duro, zona dove il grano duro matura
naturalmente, grazie al sole, senza l’ausilio del grifosato in
pre-raccolta e senza presenza di micotossine, grazie sempre al sole e
quindi in assenza di umidità – sono
stati abbandonati, negli ultimi anni, 600 mila ettari di seminativi
(che sono un po’ di più 500 mila: ma questi sono dettagli.
Proviamo
a illustrarlo noi, in tre punti, il perché, negli ultimi dieci anni,
nel Sud Italia sono stati abbandonati circa 600 mila ettari di
seminativi.
Secondo punto: forse perché l’Unione europea e la Regione siciliana distribuiscono ricchi premi agli agricoltori della nostra Isola che, per sette anni, non coltivano il grano duro? Notizia
importante – gli amici della Coldiretti ne converranno con noi – se è
vero che la Sicilia è la seconda Regione italiana dopo la Puglia, per la
produzione di grano duro.
Terzo
punto: forse perché, da anni, è in atto una speculazione al ribasso del
prezzo del grano duro che si è interrotta a partire dallo scorso
Luglio, non perché gli speculatori hanno smesso di speculare, ma perché, come segnala da tempo Mario Pagliaro, un chimico appassionato di climatologia, il maltempo ha distrutto le coltivazioni di grano di mezzo mondo? Non
c’è bisogno di essere grandi economisti – anche su questo gli amici
della Coldiretti ne converranno – per sapere che se la produzione
mondiale di grano duro si riduce il prezzo non può che schizzare
all’insù!
In
compenso leggiamo che i consumatori italiani vorrebbero portare in
tavola pasta fatta con il grano duro italiano, possibilmente coltivato
nel Sud, aggiungiamo noi, e non grano duro del Centro Nord Italia!
Non
perché noi siamo del Sud, ma a noi non possiamo segnalare la differenza
tra il grano duro del Sud Italia e il grano duro che si coltiva nel
Centro Nord Italia. Nel Centro Nord Italia il clima non è esattamente
quello adatto per il grano duro!
E anche se una società del Nord Italia ha scippato al Sud la varietà antica di grano duro Senatore Cappelli, precisiamo che tale varietà è stata selezionata nel Sud Italia per i terreni e per il clima del Sud Italia.
Lo
diciamo soprattutto ai consumatori: quando acquistate pasta di grano
duro Senatore Cappelli, informatevi sul luogo dove questo grano Senatore
Cappelli è stato coltivato. Senza questa informazione essenziale…
Solo
in un Paese sbagliato e coloniale come l’Italia – dove il Sud viene
trattato con l’ultima delle colonie – può succede che un Governo avalli
lo scippo di un grano duro del Sud per consegnarlo a una società del
Nord, con la creazione di un monopolio: operazione segnalata anche dal Confragricoltura Sicilia nella quale ritroviamo anche lo zampino della Coldiretti
Parliamo solo del porto di Bari. In Puglia ci sono altri porti: e altri porti ci sono in Sicilia…
COSA CENTRANO GLI INCENDI DEGLI ULTIMI ANNI IN SICILIA?
La globalizzazione dell’economia non è estranea a quanto sta accadendo. Ma, nel caso del grano duro, ad esempio, si va ben oltre la globalizzazione dell’economia, dal momento che la speculazione per tenere basso il prezzo del grano duro è di natura endogena: speculazione al ribasso voluta da chi, magari, vuole prima costringere gli agricoltori a non seminare i terreni a grano duro per poi, magari, acquistare tali terreni a prezzi stracciati!
Ora,
se ci sono interessi poco chiari sui terreni agricoli della Sicilia,
perché gli stessi interessi poco chiari non potrebbero riguardare anche
l’acquisizione, o anche la semplice gestione, delle aree verdi della
Sicilia?
Ripetiamo:
sarà il futuro a dirci se i nostri dubbi sono fondati o meno. Se nei
prossimi anni si presenteranno soggetti privati chiedendo di gestire le
aree verdi della Sicilia, visto che “sono gestite male a causa dei
continui incendi”, beh, allora vorrà dire che i dubbi che stiamo
manifestando oggi non sono poi così campati in aria…
Due anni fa il professore Silvano Riggio, da noi intervistato, ha affermato quanto segue:
“Gli
incendi che stanno devastando la Sicilia? Un’idea l’ho maturata. Questi
che appiccano il fuoco in tanti punti dell’Isola – credo che siano più
di cento i roghi contati fino ad oggi – non sono semplici piromani.
Questo è terrorismo. Sì, siamo davanti ad atti terroristici
sapientemente organizzati”.
Si
era nel 2017 – a governare la Regione era il centrosinistra di Rosario
Crocetta – e le aree verdi della Sicilia erano travolte da incendi.
Anche
due anni fa facevamo notare la ‘stranezza’ di un Governo regionale che
‘risparmiava’ sulle attività forestali in generale e, quindi, anche
sulla prevenzione degli incendi. Anche
due anni fa, come quest’anno, si registravano ritardi nell’avvio al
lavoro degli operai della Forestale, poca attenzione per la
realizzazione dei viali parafuoco e mezzi con approssimativa
manutenzione, se non privi della stessa manutenzione.
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